DA DOVE VENGO IO - CENT'ANNI vol.1

venerdì 7 settembre 2007

La serie tv ai tempi di Emule parte due: un approfondimento

La discussione sui serial è talmente interessante e ricca di contributi, che vale la pena di spendere un post in più per tirare un po’ le fila del discorso.

Vladi (commentando il mio primo articolo in merito) chiede perché in Italia non ci sia spazio per fiction come si deve, fatte all’americana, con trame complesse e con un potenziale attrattivo sul pubblico tale da accaparrarselo per venti e più puntate a serie.

Personalmente credo che, oltre agli ovvi discorsi di budget (da noi non ci saranno mai i mezzi di una produzione americana, a meno di non coinvolgere in coproduzione gli studios), la questione abbia a che vedere col pubblico e con la nostra tradizione cinematografica.

Il pubblico del Dottor House non è lo stesso di Incantesimo, non ci piove. E all’utente medio di Incantesimo (mia nonna) basta molto poco per tornare. Una bella e romantica storia d’amore, un pizzico d’intrigo (ma non troppo, ché se no ci si perde) e, se avanzano i soldi, uno sfondo sfizioso (di solito storico: vedi Elisa di Rivombrosa, piuttosto che il già citato Garibaldi).

Questo perché, come afferma Steven Johnson in Tutto quello che fa male ti fa bene (Mondadori, la segnalazione è sempre dell’ottimo Vladi), quel pubblico non viene dai videogiochi, ma dai fotoromanzi, dagli Harmony, da Beautiful e dai romanzi di Rosemary Altea.

Senza negare l’impatto culturale che quarant’anni di fiction rosa hanno avuto su quattro generazioni, è evidente il peso specifico di questo tipo di prodotti.

Totalmente diverso da quelli di cui si discute in queste righe.

In America la spettatrice di Beautiful è anche la spettatrice di CSI. E novanta su cento è stata al cinema a vedere Matrix. L’influsso della fiction mainstream sul pubblico americano è assolutamente trasversale.

Perché parliamo di persone che si possono permettere la TV via cavo.

Senza cable tv, in America vedi solo notiziari (zeppi di cronaca locale e privi di accenni al contesto non americano), film vecchi e tv show low budget.

Da noi la cosa è diversa: benché Sky si stia diffondendo a macchia d’olio, lo spettatore tipo di Incantesimo, a meno che non abbia un marito tifoso di calcio, non sottoscrive un abbonamento Sky. E, conseguentemente, non ha accesso al mainstream americano.

L’alternativa che resta a questo tipo di spettatore, è per l’appunto Incantesimo e compagnia bella.

Pur essendo conscio che la mia è una generalizzazione da spender poco, rimane un dato di fatto: la penetrazione della pay tv nel nostro paese (e dunque l’accesso a fiction di elevato standard americano) è recente. E ancora più recente è quella dei canali tematici per i serial (Fox Crime, FX,ecc.).

Il pubblico italiano non è quello americano. E gli attuali fruitori di House e soci, vent’anni fa, erano potenziali spettatori da Incantesimo (mia nonna mi piazzava, piccinino, a giocare coi Transformers mentre lei si sparava Sentieri - “This is the tiiiiiiiiiime! To remember…”, il motivetto echeggerà nelle orecchie di molti – e devo dire che poco o tanto la storia m’intrigava. Dopo i primi dieci minuti era una specie di droga. E quasi quasi appoggiavo sul tappeto Megatron per fissare lo schermo).

Di mezzo, come racconta Johnson, ci sono stati PacMan, SuperMario e giù giù fino a Metal Gear. Aggiungici Tarantino, I soliti sospetti e Fight Club ed eccoci a sbavare per LOST.

Noi, questo nuovo tipo di pubblico italiano, storciamo il naso con La Squadra ma andiamo matti per Romanzo criminale. E qui arrivo al punto.

Lodevole ma fallito il tentativo del RIS di scimmiottare grammatiche che non ci appartengono. Il capitano Venturi che guarda in camera e dice: “mettiamoci al lavoro” ogni dieci minuti, i jingle tesi e le inquadrature volanti alla CSI ci fanno sorridere. E forse apprezziamo di più CSI Cologno, la parodia di Sputnik con Gianni Fantoni, del simil Grissom di Alexis Sweet (già assistente alla regia di quel capolavoro che fu Il silenzio dei prosciutti di Ezio Greggio).

E allora?

E allora occorre provare a percorrere una strada diversa. Quella che, per esempio, ha percorso Placido in Romanzo criminale. I nostri criminali possono essere duri come quelli americani. Ma non devono parlare come in un film USA. Devono parlare romanesco, napoletano, milanese se sono i ladri della Milano Settanta.

Vediamo però di non scadere ancora in una nuova generazione di poliziottesco à la Maurizio Merli. Che trent’anni fa ci poteva pure stare (ma già gli americani facevano Scarface mentre noi giravamo Milano violenta), ma ora il pubblico è cresciuto.

Adesso mi accuserete di tirare l’acqua al mio mulino, ma è possibile che noi non si riesca a raccontare in maniera decente il marcio del nostro paese? Dopotutto, Spike Lee sta girando un film sulla strage di S. Anna di Stazzena. Perché noi non dovremmo essere in grado di fare una serie su Piazza Fontana? Una serie che sia in grado di catturare gli stessi spettatori di Romanzo criminale (che poi siamo noi, quelli che guardano Heroes e LOST).

E qui il cerchio si chiude: si ritorna al budget. Ma non si tratta necessariamente di un cane che si morde la coda. Se RAI e Mediaset hanno il braccino troppo corto, forse è il caso di andare a bussare alla porta del sciur Murdock, che di soldini per le nuove idee è più prodigo.

Per cui non sarebbe male mettere in piedi un bel progettino (la presente è un invito ad alta voce per i miei maestri e i miei illustri colleghi: leggi Wu Ming, Kai Zen, Valerio Evangelisti e potrei continuare…) di fiction seria per SKY. Che, non me ne voglia il mio mentore Giuseppe Genna, ma Suor Jo, la “Twin Peaks dei poveri”, come lui stesso l’ha definita, faceva cascare le braccia pure a me…



P.S.
Scusate, ma questa dovevo proprio dirvela. L'aggiungo in coda, per non farci un altro post e togliere visibilità a questo.
Cercando immagini per questo post, ho scoperto una cosa allucinante su Sentieri.
La Marvel Comics ha fatto un cross-over tra i suoi personaggi (Woverine, Spidy, ecc.) e i personaggi di Sentieri (in originale Guiding light). Cliccare per credere (il riquadro in cui c'è scritto Marvel/Guiding Light crossover).
Se non hard-core-pop-culture questa...

Cambio provider seconda puntata: l'odissea del bollettino


Ora so che i miei guai col cambio di provider inetresseranno a pochi. E che magari avreste preferito un altro bel pezzo di pop culture sui serial o sul noir de noantri.
Però uno può mica mettere giù un pezzo al giorno... Specie se gli tocca spendere la mattinata in giro per uffici postali e copisterie.
Ma partiamo dall'inizio: stamattina mi alzo prestino (mia moglie ha ricominciato a lavorare) e alle otto sono già con the e biscotti davanti alla tastiera. L'idea è quella di iniziare a scrivere il racconto per i KAI ZEN. Ho già un'ideuccia. Un classico milanese: la rapina di Via Osoppo.
Sto scartabellando della documentazione quando sul cellulare mi arriva un messaggino:
Buongiorno, siamo di cheapnet.it Chiami questo numero per info sulla disdetta del servizio.
Io strabuzzo gli occhi: che mo' me tocca pure pagà a me?
La risposta è sì. Se vuoi che la smettano di prosciugarti il conto e ti lascino libero di passare a Fastweb devi chiamarli.
E chiamo...
Venti minuti di attesa con una musichetta gustosa in loop e finalmente l'omino mi risponde.
"Avete ricevuto la raccomandata della disdetta?", chiedo innocente.
"Certo!" mi risponde l'omino. Ma non possiamo interrompere il servizio.
"Perchè?", chiedo io con labbro pendulo e bocca spalancata.
"Perchè non ha pagato i diciotto euro per la disattivazione."
"Li pago, non c'è problema, prendeteli dal conto dal quale prendete l'importo mensile."
"Ah, no! Deve fare un bollettino. E poi faxarci la ricevuta. E poi, siccome non ci ha ancora fatto il bollettino ed è già il 7 settembre, le tocca pagare pure la fattura che abbiamo emesso oggi e che copre il periodo fino a dicembre."
Ma dico? Ti ho mandato apposta la raccomandata per evitare di pagare due mesi che non userò. E te l'ho mandata venerdì scorso - mannaggia a te e a tutta la tua famiglia - proprio per evitare di pagare 'sti due mesi.
Ma non ho voglia di inalberarmi, dal momento che ho già un appuntamento col tecnico di Fastweb per il 17 settembre.
"Va bene, quando faccio il bollettino vi pag pure la rata. Quant'è?"
"La rata e tot", mi dice, "ma la preleviamo direttamente dal conto, non si preoccupi."
Ma io dico: la rata sì e i diciotto euri no?
"Ah, e mi raccomando, specifichi nel fax che vuole il distacco della linea in breve tempo, perchè se no le rimane su fino a dicembre."
Beh, certo... Ma vattela a pijà 'n der...
Per cui esco, pago, faxo (con precisazione).
E mo' stiamo a vedere...
Ma mi sa che ci sarà un'altra puntata della telenovela Cambio provider...